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Banche Centrali: ripresa economica e revisione degli stimoli monetari

News


18 Nov 2021

Valentino Ceccherini, Portfolio Manager Credit


La valutazione sugli stimoli monetari in essere da parte delle maggiori Banche Centrali, non può essere trattata senza prima affrontare il tema dell’espansione dei vaccini anti Covid19 e soprattutto della loro resistenza a eventuali varianti. È ormai evidente infatti, come il trend di ripresa delle economie occidentali (molto meno per quelle in via di sviluppo) sia legato a doppio filo con le campagne vaccinali e ogni considerazione che segue potrebbe essere ribaltata nel momento in cui emergesse una variante resistente ai vaccini o ci fossero degli stop imprevisti all’aumento della popolazione vaccinata. Se partiamo dall’assunto che i vaccini continuino a funzionare correttamente e la base di popolazione vaccinata continui a espandersi, allora il 2022 potrebbe già essere un anno cruciale per le decisioni da prendere relative agli stimoli economici attualmente in essere. 

US Federal Reserve

Se consideriamo la velocità della ripresa economica e del PIL nonché gli ultimi print sull’inflazione, la FED potrebbe essere tra le prime a muoversi e dare il via alla diminuzione degli stimoli già nel 2021. Il meeting di dicembre potrebbe essere la data cut off per l’inizio del tapering sui due programmi relativi a MBS (Mortgage Backed Securities) e Treasury. Non si tratterà ovviamente di una decisione binaria da 0/1, o di azzerare i programmi, ma di diminuirli gradualmente durante il 2022 (10-15% per ogni meeting) per arrivare al primo rialzo dei tassi nel primo (o secondo) trimestre del 2023. Nel 2022 non immaginiamo rialzi, o - in caso - solo ipotesi di coda legate a print particolarmente forti e persistenti dell’inflazione. A tale proposito pensiamo che per entrambe le due maggiori Banche Centrali i dati principali da seguire saranno quelli sul lavoro (eventuali aumenti dei salari e livelli di occupazione) ancor prima del mero livello di inflazione, su cui i banchieri centrali hanno già dimostrato di saper gettare acqua gelata nonostante i livelli record.
Lato policy rate prevediamo aumenti solo a partire dal 2023 perché ci immaginiamo una FED molto accorta, sia per un tema opportunistico prettamente legato al programma (e ai livelli) di debito degli Stati Uniti, sia perché potrebbe trascinare in una brusca recessione -attraverso scelte non ponderate - anche tutto il mondo Emerging Market che di certo si trova a livelli differenti di vaccinazione della popolazione (e come dicevamo in apertura, questi due temi sembrano essere strettamente correlati).

Banca Centrale Europea

Se la FED sarà cauta nei suoi movimenti ancora più accomodante è la visione sulla BCE. Innanzitutto, i dati ci dicono che il livello d’inflazione e di occupazione, salari e PIL, sono indietro rispetto agli Stati Uniti (PIL +5% vs +6.3%) e questo potrebbe già darci un indizio di come la Banca Centrale rimarrà legata agli stimoli in essere. Questa view ci è supportata anche dall’aumentata incertezza in Germania, storicamente il vero leader politico dell’Eurozona. Se infatti è stato annunciato l'avvio dei negoziati formali per la nuova coalizione di governo tra Socialdemocratici (Spd), Verdi e Liberali (Fdp), è altrettanto vero che siamo di fronte ad una novità assoluta per il panorama politico tedesco che al momento non ha una timeline definita (ricordiamo come nel 2017 la Germania abbia impiegato 6 mesi per varare la coalizione di governo). Questa incertezza, seppur maggiormente legata lato politico alla Commissione Europea più che alla BCE, porterà inevitabilmente a degli indugi, per esempio su temi divisivi come il Patto di Stabilità e la sua eventuale conferma (o meno). In questo scenario ci aspettiamo che la chiusura del Pandemic Emergency Purchase Programme (PEPP), in atto già dal primo trimestre del 2022, possa essere controbilanciata da un aumento dei volumi del canonico Asset Purchase Program risultante in un delta saldo netto mensile di impatto marginale. Si configura così un 2022 dal profilo molto “smoothed” rispetto alla diminuzione degli acquisti. Ci sembra infine presumibile che verranno tollerati aumenti di inflazione temporanea anche sopra al 2% e anche per questo non ci aspettiamo al momento attuale alcuna decisione sull’aumento dei tassi fino al 2024.

Bank of England

Nonostante le contraddizioni portate dalla Brexit e i problemi legati al Covid, l’economia della Gran Bretagna sta viaggiando a tassi di recupero elevatissimi con rimbalzo record del PIL. Le restrizioni sociali sono un ricordo e se questo trend inflazionistico guidato da penuria di materie prime continuerà, vediamo la Bank of England in testa per l'interruzione degli stimoli e il primo rialzo già dal 2022 (4° trimestre) con un atteggiamento decisamente più aggressivo tra tutte le Banche Centrali.

Bank of Japan

Ultime osservazioni dedicate alla Banca Centrale giapponese. Non tanto per una view di cambiamento evidente rispetto al suo atteggiamento ormai decennale, quanto perché il Giappone è oggettivamente indietro sul tema della vaccinazione. Per questo vediamo ancora politiche molto accomodanti nel medio periodo legate a ulteriori misure di supporto all’economia (probabilmente affiancate da programmi su temi come green transition ed energie rinnovabili).

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